Fughe

Accanno tutto. Me ne vado.

Il Lavoro?? Lo lascio. Come campo?? Bella domanda.

In qualche modo farò. Non basta? Basterà. 

Daltronde come si fà a stare in un posto controvoglia, con qualcuno controvoglia.

Si si lo sò, mi devo assumere le mie responsabiltà, se sono qui ora qualcosa la devo aver toppata e bla bla bla…

Alibi che mi sono troppo spesso raccontato e creduto.

Adesso basta però.

Avrò toppato, tutto quello che vuoi, ma quante volte hai fatto della consapevolezza un boomerang, scuse alla tua immobiltà? Tante, troppe.

Progetti alternativi?? Forse Troppi, uguale nessuno.

Al mio Padre interno che mi invita a "ponderare"??? Un grosso Vaffanculo!

(sò cose che se pensano, dicono, provocazioni, sfoghi, niente di più. Restano Loro. Per ME) St.rt.

 

 

 

sogni

Ci sono sogni ogni notte che ci ricordano che c’è un mondo sommerso. Come fosse il districato sistema fognario di una metropoli.abitata da sorci schifosi, puzzolente e grigia griglia di tubi che si incontrano e separano
continuamente per chilometri e chilometri,acqua scura che cammina lenta, si deposita agl’angoli, che non trova scolo.
Come esseri che non ricordano, percorriamo lo sfarzo dei marciapiedi in superficie bagnandoci gli occhi con i mille luccichii delle merci in esubero, come colui che di giorno rimuove distrattamente ciò che la notte svela. Non c’è speranza per il nostro mondo nei nostri giorni avvizziti e viziati,affannato nel compulsivo bisogno di nascondere la merda e i rifiuti, di nascondere a se stessi l’olezzo delle nostre stesse paure, di nascondere il dolore.
Nell’ultimo anno ho fatto sempre lo stesso sogno..
un sogno che parla di tradimento, di inganno, di sotterfugio, di derisione.
c’è una notte ogni x tempo che mi ricorda chi sono e da dove vengo.

L’amico distratto

Avevo un amico molto distratto. Talmente distratto che perdeva di tutto ma soprattutto perdeva occasioni. Che poi non so neanche quanto fossimo così amici visto che lui era amico di tutti ma intimo di nessuno. Tutti noi che lo frequentavamo non sapevamo nulla di più di ciò che vedevamo. Nessun segreto, nessun pettegolezzo. Ma questo mio amico (o presunto tale) aveva ormai cronicizzato la sua distrazione. Sembrava quasi che non gli importasse perdere tutte quelle occasioni, come se tutto in fondo gli scivolasse addosso e nulla fosse così importante da farlo fermare per cercare ciò che aveva perduto. Una volta, forse la prima e unica volta in cui siamo stati intimi, gli ho chiesto se per caso non le fosse mai capitato di cercare ciò che aveva perduto e perché sembrava non gliene importasse nulla. Fu una domanda istintiva sicuro di non ricevere risposta. Invece me la diede, a modo suo, mostrando un sorriso amaro, parlandomi senza guardarmi negli occhi come sempre "Certo che mi è capitato di tornare a cercare una delle mie occasioni perdute. E’ successo tempo fa, sono stato più di un anno a cercarla e quando l’ho ritrovata non era più lei. Era cambiata, mutata, trasformata. La delusione fu grande, troppo grande. Per questo non torno più indietro, meglio il dolore della delusione."
Fu l’ultima volta che parlai con l’amico distratto. Successivamente ci incontrammo un altro paio di volte ma ormai avevo la sensazione che l’avermi raccontato il suo passato lo avesse definitivamente allontanato da me. Poi un bel giorno è sparito dalla circolazione. Chiesi in giro agli amici comuni, al bar, che fine avesse fatto, provai a cercarlo dove abitava ma nessuno aveva più notizie. Uno dei nostri amici comuni una volta ridendo mi rispose "magari stavolta s’è perso lui". No non ci credo, preferisco pensare che si è ritrovato.

La depressione

ce sta st’amica mia, che poi è na cifra amica mia, che sta a passa’ uno de quei periodi che se ponno definì tranquillamente demmerda. uno de quei periodi in cui uno e’ disoccupato sia dar lavoro che dagli affetti e allora io ogni qual volta sta giu’ de morale je ricordo na cosa fondamentale che vale per entrambi "ao’ nun te poi deprime perche’ la depressione e’ borghese. te sei proletaria al massimo poi esse triste oltre che incazzata. guardate intorno, quanti proletari conosci depressi e quanti borghesi invece?". e lei sistematicamente me da raggione anche se poi la sua situazione nun e’ che se rinfranca o muta, sempre demmerda è.
ieri sera n’amico mio mentre je spiegavo sta mia teoria, che poi ho scoperto manco origginale, m’ha detto "ao’ ma lo sai che lo diceva pure un filosofo tedesco, engelàrt" al che me lo sò guardato basito e me so chiesto si sto tedesco giocava pure co qualche squadra famosa.
ieri sera la germagna ha battuto l’uruguay ma engelàrt nun ha giocato.

Lucciole

Faceva caldo stanotte, tanto d’alzarmi e affacciarmi alla finestra a prendere un po’ d’aria. Un leggero fiato di vento portava sollievo, una cartina in mano da incollare e di fronte a me un palazzo decadente tagliava l’orizzonte. Non era casa mia e non avevo mai notato fino in fondo quanto era fatiscente sto palazzaccio le cui uniche finestre con le tapparelle aperte avevano delle sbarre bianche da farlo sembrare un carcere "anvedi pare Regina Coeli" ho pensato. Ma soprattutto pensavo al fatto che non c’avevo mai fatto caso a tutta sto decadimento pur percorrendo la strada dall’altra parte del palazzo una infinità di volte. E infatti la spiegazione era semplice, la facciata che da sulla strada è pulita e fresca come quasi tutte le palazzine di questo quartiere ex popolare. E infatti è una metafora tutta romana, tutta metropolitana. Davanti hai la sensazione che sia tutto fresco, pulito, sano, mentre in fondo c’è anche il lato oscuro, quello nascosto, quello della tristezza e del declino. Ma in fondo sto palazzo, pensavo sempre stanotte, è una metafora di questa città, che si pavoneggia dietro la sua storia, i suoi monumenti, la sua bellezza oggettiva ma che nasconde la realtà: quella di una città davvero decadente, dall’anima nera che sta mangiando se stessa, implodendo senza nessuna deflagrazione. Ma poi d’improvviso mentre continuavo a fissare inebitito il tutto non ti vedo una lucciola? Una lucciola a Roma? In questo quartiere e in mezzo a sti palazzi? Boh sarà stata tutta una enorme metafora e a quel punto me so rimesso a letto.

torvajanica mon amour

separatismi striscianti, megalomanie collaterali e zero, zero, sale tra i capelli.

Perchè il Mare a Roma se lo sò portati via gli zingari.

Con la loro smania di traslocare, di migrare.

Un giorno, l’hanno visto, bello, con tutti quei cespugli irsuti battuti dal Ponentino e quella sabbia mezza gialla e mezza nera piena de bacarozzetti felici, e hanno detto;

Piamoselo!

Questa storia è vera, me la raccontò un tipo, un pescatore di telline, che incontrai un giorno appena disceso il pendio di pratica di mare e giunto lì dove mi ricordavo di averlo visto l’ultima volta.

Ma Non c’era più.

Il Mare.

 

Se l’erano rubbbati li zingari.

(però,secondo me, se sbajava il tipo, si confondeva, jelo detto pure, "ma non è che te confondi coi rumeni??"

 

copylept St.rt.

Omaggio a Saramago

Prima stavo in bagno da mi madre e ho preso in mano sto libro che avevo lì da anni e che non avevo mai letto L’anno della morte di Ricardo Reis. Lo apro e mi trovo davanti sta frase di Bernardo Soares Scegliere modi di non agire è stata sempre l’attenzione e lo scrupolo della mia vita, al che ho pensato aò cazzo come ho fatto io per anni. Essì perché ce so modi e modi pè vive e pè campà. C’è chi se agita e va avanti, chi se agita e va indietro o più semplicemente come me, che me so agitato anzi aggitato con due g per una vita ma stando sempre sostanzialmente fermo. E allora ho ripensato anvedi quanto tempo ho buttato e quanto tempo avrei voluto vive meglio, ma tant’è ormai ce stamo, ce semo, quello che è stato è stato e allora m’è ritornato in mente il buon Pino Cacucci e il suo titolo nel romanzo sulla vita di Bonnot, in ogni caso nessun rimorso. Tutto questo nel mentre ero in bagno appunto. Il giusto posto per pensieri de merda.

Ps il libro in questione è appunto di Josè Saramago e lo scrivere senza "punteggiatura" e così fitto è un modo per rendere omaggio a chi morendo s’è portato via il 900. 

Chi ci ama non ci segue

Questo è un blog nero come il presente che viviamo. Nero come il passato gia’ vissuto e il futuro che ci aspetta.Nero come i rodimenti de culo che ci asfissiano. nero come i pensieri che non vanno via e che tornano assillanti.
E’ un blog collettivo senza velleità letterarie; anzi senza nessuna velleità e basta.
Chi ci ama non ci segue.