Category: lamate st.rt.
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Lavoro come un cojone in un posto che vorrei disintegrare. Mi dicono che siamo in crisi. Che dovrei pure ringrazia’ il signore. ( quale signore?) Abito in una casa che m’ha lasciato mi padre. Mi dicono che questo mi lega ad una perenne condizione parentale. Ma che comunque è un lusso, e devo ringrazia’ il
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Dal basso non si capisce un cazzo, si sente solo rumore, s’ arza s’abbassa il volume. Del resto è molto comune fare patti con il passato, quattro chiacchiere col futuro, con tutto il resto che rimane immune, muto e sordo ad ogni richiamo. Dal basso tutto è grosso e grasso, gigante come un palazzo, e
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Chiedeteci scusa per quest’ammasso di corpi. Chiedeteci scusa. Per tutte quelle volte che avete mentito, nascosto, deviato. Per tutte quelle volte, troppe, che avete tradito. Chiedeteci scusa, è già tardi, fra poco lo sarà definitivamente. Chiedeteci scusa perché sappiamo odiare ancora, sul fondo di un cumulo di niente sappiamo, sentiamo, vediamo, ancora. Chiedeteci scusa se v’è
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Malgrado questo finale quasi pirotecnico, la Visione non doveva finire così. C’era evidentemente in essa qualcosa di residuo che si doveva ancora esprimere, anche se, come vedremo alquanto ambiguamente. La mia solita onestà mi costringe ad avevrtire il lettore-eludendo le regoledell’ambiguità, cui dovrei,a rigore, attenermi- che tale residuo della visione ha valore anche metalinguistico: il
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una sera a sangiovanni per una visita esosissima dal dentista (STONFAME) a na certa finisco, scendo, esco dal portone, vado alla vespa, metto le “chiavi”, brummm…..ts se spegne, come sempre. allora daje colla pedalina.. non parte. ad un certo punto.. sento urla venire da dietro langolo sempre più vicine sempre più forte io che guardo
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Odio questa città , la mia, odio i politici che la governano, odio i costruttori che la cementificano, odio i quartieri alto borghesi esclusi dal pagamento dell’ICI, odio i quertieri novi fori dal raccordo, odio i fori sede che manco sanno dove abitano, odio la gente che si arrende e se ne và, odio la
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Arrivò di soppiatto, la prese fra le braccia solevandola da terra, poi, senza proferire parola la butto di sotto. La gonna disegnava nell’aria voluttuose forme a ics frustandole con i lembi il viso incipriato. Ma ella sosteneva il vuoto con il suo solito sguardo impavido. Lui, si rammaricò, ma mai abbstanza da pentirsi di ciò
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Tutto comincio così. Era un dannatissimo giorno di Luglio del 2010, quando ebbe inizio la storia che poi divenne leggenda. Roma, Fiumicino, Aeroporto Internazionale Leonardo da Vinci. Marco e Alfio erano due operai della manutenzione Impianti. Quel giorno come tutte le mattine erano lì alle sette a bere un caffè delle macchinette e fumare la
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c’erano du pischelli. Al primo je puzzavano i piedi, al secondo le ascelle. Stavano tutto il giorno buttati in un cortile a cazzeggiare. Ridevano del nulla, se divertivano co poco. Poi s’aggiunse er terso. Che invece nun puzzava in niente. Occhi azzurri, zazzera bionda e nessun maleodore. Che all’inizio l’antri due s’ensospettirono…se dicevano, aho ma
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Forse perché dalla fatal quiete Tu sei l’imago a me si cara viene, o Sera. E quando ti corteggio liete le nubi estive e i zeffiri sereni E quando dal nervoso aere inquiete tenebre e lunghe all’universo meno, sempre scendi invocata e le secrete vie del mio cor soavemente tieni. Vagar mi fai coi miei
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