Emma

Posted by opinionista on Giugno 16, 2011

Quando esplose la bomba provai a schermare i miei pensieri. Nei fumetti che leggevo c’era chi ci riusciva. Io ovviamente no, al massimo leggo le loro avventure nelle mie insonni ore notturne, spesso con lei accanto. E non vivo nel mondo Marvel.

Quando me ne accorsi era troppo tardi. A dire il vero avevo avuto già delle sensazioni tempo prima ma credevo fosse tutto assurdo. Pensavo che queste cose le avevo viste solo nei fumetti degli X-Men o in qualcosa di simile.
E’ vero che quando due persone sono legate, spesso si intuiscono cose nascoste. Se ami una persona magari scopri da qualche impercettibile dettaglio, che magari ti ha tradita o ti tradirà. Magari senti anche che alcune cose sono cambiate.
E invece no. Quello che è successo a me è qualcosa di completamente diverso.
E sono scappato.

Le prime volte che mi accorsi che lei mi leggeva nel pensiero era successo mesi prima.
Non ricordo esattamente cose fosse successo, ma lei aveva intuito alcune cose mie. Anzi, intuito no. Le aveva proprio “sentite”. Mi turbai ma relegai tutto al fatto che ci conoscevamo bene e che magari c’erano state delle cose che avevo detto inavvertitamente di cui non mi ero affatto accorto.

Emma, così la chiamerò, come Emma Frost l’eroina telepate degli X-Men, capitolò successivamente. Quando cominciai a desiderare un’altra persona. Una donna che avevo appena conosciuto, di cui non sapevo nulla. Che però accese in me qualcosa. E lei un giorno me lo disse, chiaramente: “tu sei attratto da un’altra donna”. Spaventato e vigliacco come sono, negai tutto. Ma mi accorsi che nonostante tutto era impossibile negare. Lei sentiva i miei pensieri. Mi ascoltò costruire scuse o alibi. Sentì le mie paranoie, per filo e per segno. Ma Emma sapeva la verità, sapeva tutte le parole che non avevo detto. Conosceva tutti i pensieri che nascondevo. Ero così concitato nella mia difesa che inavvertitamente feci cadere e ruppi il vaso che custodiva una pianta che due anni prima le avevo regalato: una Conophytum. Una di quelle piante grasse, che facevano dei fiori bellissimi. Gialli quasi come margherite. Veniva dal Sudafrica e gliela regalai in un momento in cui eravamo molto innamorati. Era l’apice della nostra storia.
Quando il rumore del vaso contro il pavimento interruppe la nostra conversazione, o quanto meno il mio inutile tentativo di difesa, ci guardammo negli occhi. Quel rumore rappresentava quello che si stava spezzando tra noi due. Uno sguardo malinconico attraverso la stanza e si incontro sopra i cocci. Stava finendo tutto e io stavo solo lasciando che il fato compiesse il suo destino, come se non potessi fare nulla. Una sensazione delle genere non l’avevo mai provata. Entrambi scorgemmo gli occhi dell’altro gonfi di lacrime. Entrambi lasciammo scorrere le lacrime senza aggiungere più una parola. Io la smisi di arrampicarmi sugli specchi, in un sussulto di dignità. Smettemmo di parlare. La verità la conoscevamo entrambi. Avevamo segnato il punto di non ritorno.

Da quel giorno, turbato e sospettoso, oltre a chiudere la mia non relazione, cominciai a pensare ad un piano B. Come salvare il salvabile? Come sopravvivere e come vivere con chi conosce davvero tutto di te?

Non ricordo chi disse che preferiva la verità dannosa all’errore utile. Io non so cosa significhi, non so neanche cosa sia giusto o sbagliato, però sfido chiunque a stare al posto mio.
E fu davvero faticoso andare avanti. Cominciai a blindare i miei pensieri, a controllarli quando ero con lei, a inventarne alcuni di comodo. Pazzesco. Sono andato avanti mesi così. Riuscivo a restare davvero solo, quando ero realmente solo. La notte aspettavo che si addormentasse per lasciarmi andare, ma ero sempre sospettoso. Avevo paura che magari fingesse di dormire per ascoltarmi. Ma a dire il vero, nonostante le mie paranoie, questo non successe mai.
Infondo anche per lei era faticoso ascoltare i pensieri di tutti e non avere filtri. Io sarei impazzito.
Ma stavo impazzendo lo stesso.
Ero arrivato al punto che andai a cercare nell’armadio un vecchio fumetto dove Emma Frost, fu quasi sconfitta da Magneto, il nemico dei nemici. Lo rilessi cercando qualche antidoto. Addirittura comprai on-line una specie di cappello di lana con dentro della fibra metallica che vendevano come berretto anti-telecinesi. Emma mi guardava come se fossi ubriaco, quando lo misi la prima volta. Per fortuna aveva un taglio normale e gli raccontai che lo avevo preso su una bancarella. Non credo che c’abbia mai creduto, ma quando non ha reagito alla mia invenzione pensai pure che davvero quel berretto funzionasse.
Deliravo.

Parliamoci chiaro: cosa avreste fatto al posto mio? Sareste riusciti a stare in una relazione del genere? Io non sono un super eroe degli X-Men. Io sono un vigliacco, uno che mente. Chi non lo fa? Non cerco scuse, ovvio che c’è chi lo fa meno e chi ci vive di menzogne. Io non ero né l’uno né l’altro. Non avevo mai mentito seriamente a Emma. Sì qualche bugia ogni tanto per non avere rotture. Altre volte per non farla stare in pensiero, ma tutto assolutamente nella norma. Ma questa mia “nudità” davanti a lei, questa nuova sensazione mi ha fatto impazzire. Nei fumetti c’è pure chi resisteva a Emma. Chi riusciva a schermare i propri pensieri. Io, ovviamente, no. E ho anche tentato! Eh sì perché nel delirio di quei giorni ho provato di tutto. Ma, niente.

Emma non sapeva come tutto fosse cominciato e perché. Io ero stato la prima vittima. Anche se il termine vittima è sbagliato, perché Emma stessa era in difficoltà e vedeva il pericolo. E allora ho cominciato a pensare, ovviamente non davanti a lei ma quando me ne andavo a fare lunghe passaggiate al parco per lasciare liberi i miei pensieri di andare dove volevano, come se fossero cani, magari anche feroci come pitbull, che se fossi andato via io magari anche questi poteri sarebbero svaniti.
Non so se questo fosse possibile, ma chi di noi nei momenti di difficoltà di coppia, per sottrarsi alla fatica e alla paura del fallimento, non pensa vigliaccamente che la fuga alla fine è come se uno si sacrificasse per lasciare vivere la propria partner? Sì stronzate del genere per cui ci autoconvinciamo e magari ci fa sentire pure in pace colla coscienza. Quando sarebbe più intelligente dire che si scappa perché si vuole scappare e non fare un favore. E allora cominciai a pensare al mio piano di fuga. Che fu piuttosto semplice: andare il più lontano possibile senza lasciare tracce, senza la possibilità di poter essere raggiunti.

Ma io amavo Emma. Tutt’ora la amo. Ma credo di non riuscire a sopportare questa situazione. Non potevo fare finta di niente. Non potevo rinunciare alle mie bugie, che spesso dicevo per non ledere la mia autonomia. Come se l’autonomia di una persona possa definirsi attraverso piccole bugie. Succube della mia insicurezza, mi muovevo custodendo gelosamente le cose più insignificanti. Non riesco manco a darmi una ragione dei miei comportamenti, soprattutto perché spesso non ce n’era manco motivo e perché oltretutto avevo di fronte a me, una donna limpida, chiara, completamente opposta a me.
Si può essere così terrorizzati dal fatto che la donna che si ama, possa conoscervi così profondamente?

Non ci riuscivo. Non ero capace di vivere accanto a una donna, che per quanto ci fossi legato, sapeva tutto. Ma proprio tutto, anche le stronzate ebeti a cui mi capitava di pensare. Si vive di menzogne. Un rapporto è fatto di compromessi e spesso i compromessi sono una lenta e dannosa trattativa al ribasso. Detto così può sembrare brutto da dire, ma d’altronde è così.

Me ne andai da un giorno all’altro. Lasciai tutto ad una lettera. Le mie spiegazioni, le mie paure, l’amore per lei e la sensazione di insopportabile disagio che stavo vivendo. Trovai nella fuga un compromesso tra le mie debolezze, la mia vigliaccheria e la mia voglia di lasciarmi tutto alle spalle. Non dirò quello che ho scritto. Ci tengo troppo alla mia privacy e ai miei pensieri e fui molto onesto quando buttai nero su bianco le mie parole.
Vi dico solo la frase di chiusura: “non ho abbastanza coraggio per raccontarmi o farmi raccontare la verità su chi sono davvero”. E aggiunsi un convinto ti amo, che però aveva l’inevitabile sapore di una menzogna.

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