Occhio non vede
Posted by opinionista on Giugno 21, 2011
(Con questo racconto diamo il benvenuto alla terza lama del blog: lamate bal. Se e quanto imperverserà da queste parti non è dato sapere. Nel frattempo leggete e nun rompete – lamate bz)
La chiamano Sindrome di Fuchs, quelli bravi intendo, i dottori che ne sanno.
Per me è la mia malattia, la mia nuova compagna sghemba e malevola che decide quante cose posso vedere.
Sindrome come quella da immunodeficienza, Sindrome come quella cinese di quel film vecchio e scolorato con Michael Douglas e Jane Fonda in cui una centrale nucleare si spezzetta piano all’inizio e poi esplode ,negli ultimi 10 minuti.
Ecco credo che siano stati gli ultimi 10 minuti quelli fatali, quelli in cui dei e parche hanno fatto un patto per farmi fare la strada larga col botto alla fine.
Inizio
Sono tornato a casa appassito, con la testa piena solo di pensieri zero. Vuota ma piena.
Colpa delle sigarette che mi scattano in mano già accese senza che io decida nulla, colpa del lavoro mio che mi da soldi pochi e noia come fosse vischio a natale.
1° minuto
Piove poco, un monsone di fine maggio che fa fare al vapore umido un giro rapido nel mondo acqueo per farlo tornare rapidamente allo stato gassoso. Saranno le nove passate, per aria odore di cipolla fritta e di pioggia rancida.
2° minuto
L’abitudine mi ha portato a casa in trance, da via Tuscolana a via della Maranella in 3 mosse a memoria. Tutto come sempre anche una volta arrivato di fronte al portone del palazzo di 5 piani al civico 72, la luce accesa al piano terra è quella di casa mia. Catena, casco nel bauletto e antifurto con il telecomando. C’ho solo il mio SH nero, se me lo rubano come cazzo ci vado in giro? Coi rimpianti? Mi assicuro almeno tre volte che la catena sia chiusa davvero e che la luce dell’allarme inserito lampeggi. Non lo lego al palo però, troppo pigro.
Dal 3° fino al 4° più qualche decimo del 5°
Alessia è già a casa, dall’androne sento la voce di Santoro che blatera convinto e saccente. La Tv che mi dice buonasera è il piatto tipico di casa mia, un antipasto freddo che io e Ale non ci facciamo mancare mai, ormai. E’ comoda la TV serale se sei in 2 in casa e non hai più troppe parole, ti aiuta a fare da coro lasciandoti l’idea effimera di essere protagonista. I commenti umani sovrapposti ai discorsi della TV creano un ambiente malsano e confortevole, come delle scarpe da montagna quando piove e cammini da ore. Il piede vuole quella calma lì, è sempre meglio del freddo bagnato che c’è fuori. Apro la porta di casa e vedo Ale sdraiata sul divano IKEA al centro del Salone, dietro di lei la parete arancione che 3 anni fa abbiamo dipinto per 2 giorni facendo un sesso spinto e colorato nelle pause.
C’è un odore di verdura che prende la rincorsa dalla cucina e mi si aggrappa alle narici.
“Melanzane” mi dice Alessia che come al solito mi legge nel pensiero. Me li ha sempre anticipati i pensieri Ale. Tempo fa erano pensieri vivi, quasi sempre sessuali, a volte di gioco e sempre d’amore. Me li intercettava proprio nel momento in cui mi accorgevo di pensarli.
Un paio di anni fa ad un mio amico l’hanno rinchiuso perchè pensava che la sua donna ,lui la chiamava Emma come quella degli Xman, gli scavasse nei pensieri.
A me Alessia invece i pensieri me li accarezzava, e anche adesso continua ad entrare nella mia testa in punta di piedi. Sono io che ho cambiato pensieri. Ultimamente immagino la mia testa come una pipeline da skateboard. Concava ,con le pareti altissime e immensamente vuota. Prima ci passavano tavole ruotate a velocità folle e disegnavano zig zag creativi e perigrosi, ora invece tocca alle macchinette giocattolo. Lente, piccolette, infrangibili.
Alessia neanche si alza dal divano, “se mangi c’è anche il riso” mi dice.
Mi sembra di vedere un sorriso, ma mi sa che è immaginazione. Non mi sorride da marzo Alessia, e siamo a maggio.
5° minuto (quel che ne resta)
“ Si mangio” rispondo mentre entro in cucina, c’è poca luce e solo sforzandomi distinguo la sagoma del wok sulla cucina.
Organizzo un piatto al volo, equilibrista della nutrizione a cazzo con la destra tengo la bottiglia di Mancini aperta ieri sera con il bicchiere infilato a cappuccio e con la sinistra il piatto che porta: Melanzane stufate con pomodorini e basilico, mozzarella( chiaramente di bufala chè quella normale ormai neanche si trova più) ,qualche tarallo e 2 wurstel crudi.
Dal 6° minuto all’intervallo
In Tv c’è Ghedini l’avvocato del Presidente , ne riconosco la voce acidula. Mi attacco alle parole che dice per passare il tempo e per riempire la mia pipe line mentale che dicevo.
“La valutazione del capo dello Stato non è su problemi di natura tecnica. Altrimenti dovrebbe farsi eleggere”
Mi viene da rispondere più di una cosa, la maggior parte sono insulti.
Alessia abbassa il volume, non usa il mute. La dissolvenza è da discoteca scrausa, il suono cala a scatti per diventare silenzio proprio quando in una pausa di Ghedini si intrufola Santoro che però diventa un pesce in un acquario Sony Bravia.
“ Ma i Wurstel pure hai preso?? ma almeno cuocili no?” dice di un fiato , poi continua “ Vediamo se oggi ti finisci il vino ,che poi alla fine l’hai bevuto quasi tutto ieri”
Mi scarica tutta sta roba, vera, senza neanche guardarmi.
“Mangio male e faccio finta di niente, e a te amore mio non ti vedo più da un anno anche se mi sei davanti.”
Questa cosa mi attraversa il cervello, tra gli sguardi stupiti dei pochi spettatori seduti sulle gradinate della mia pipeline mentale. Credo che abbiano paura che possa dirla sta cosa.
Mi spavento anche io.
Mi sa che tutto succede proprio in quel momento
INTERVALLO
Gli occhi diversi tra loro.
ETEROCROMIA ATROFICA…
un occhio è marrone l’altro è verde..
“ammazza che colore che c’ha l’occhio tuo” è la frase che prima o poi arriva.
Mi trova sempre ad arrossire, afasico aggressivo.
Neanche mi avessero detto :”puzzi” .
Ma io reagisco così, come se mi avessero detto “puzzi” e io puzzassi veramente.
Questo prima…
ma ora basta che c’è il resto.
7° minuto
Per un attimo mi sembra di stare per gridare.
Sento l’urlo che parte dalla pancia, il corpo sorpreso dall’onda che si accumula. Come un’orgasmo d’odio. Sto per venire e so che uscirà sangue.
Poi la mia attenzione interna si sposta dalla pancia alla testa.
Nel tentativo di controllare l’urlo che arriva ho spostato lo sguardo su Alessia.
Ne vedo solo un pezzo.
“ Che c’è?” mi chiede lei.
Sento la voce , ma la sua bocca è spezzata, ne vedo solo la metà.
Con il palmo della mano destra mi chiudo l’occhio destro.
Col sinistro vedo Alessia seduta sul divano Ikea, i capelli biondi corti, la parete arancione dietro di lei.
Tutto come prima.
Poi poso il palmo sull’occhio sinistro, lo tappo anche a lui. Uso il destro ora. Vediamo che vedo.
Non vedo Alessia, non vedo il divano, non vedo la parete.
Sono nel dopo.
8 ° minuto
L’aspettavo questo momento.
Malattia per me, l’infermità che finalmente mi definisce.
Il mio occhio destro ha avuto il coraggio di ammettere quello che il mio resto ignavo teme.
NON FUNZIONO.
Nessun urlo per dirlo. Solo un azione repentina e calma.
Uno switch da acceso a spento per esprimere un desiderio che è di tutto il mio resto.
Non vogliamo vedere ,non vogliamo sentire ,non vogliamo parlare.
Sento il brusio della folla sulle gradinate della pipeline, da dentro riesco a vederli bene. Sono vestiti di nero, felpe col cappuccio per tutti. Non parlano, mugugnano perché è nella loro natura ma sono contenti, approvano.
9° minuto
“ Ma è l’occhio?” Alessia si alza stavolta..
“fammi vedere, sembra normale”
Nel sentirla mi accorgo che con entrambe le mani sto tirando le palpebre per aprire il più possibile l’occhio.
Ale mi ci soffia dentro, non sento niente.
“ sei bianco, amore. Siediti”
Ecco mi ha chiamato per nome, lo sapevo.
In un secondo le gradinate si svuotano, i neri van via. Non scappano, semplicemente si allontanano.
Continuo a non vedere a destra, ma ormai la controrivoluzione è partita.
L’occhio sinistro mi fa vedere Alessia, è preoccupata.
Anche lei è amore.
Niente più silenzio.
“non ci vedo, andiamo all’ospedale”
10° minuto
Siamo per strada, Alessia mi tiene per mano. Io cammino piano, alla mia destra sento il rumore del respiro di Ale.
La macchina è proprio di fronte, mentre Ale apre lo sportello io mi gingillo con la rivoluzione chiudendomi l’occhio sinistro con le mani. Ancora non vedo, ma in fondo al cono nero c’è una luce giallastra intermittente. Secondo me è la normalità che si agita per farsi vedere.
Saliamo in macchina.
Riprende a piovere proprio dopo lo SBAM della portiera che chiudo.
I minuti dopo
I dottori dicono : la cataratta è scesa, la retina si è distaccata, bisogna operare. E’ strano lei è giovane. Ci dispiace potrebbe perdere l’occhio
Alessia dice: Non mollare amore mio, tutto andrà bene.
Gli amici dicono: Pari Capitan Harlock.
Io sento un formicolio all’orecchio destro, spero che stavolta i neri siano di più e più compatti.
Quanto basta per non farmi sentire,
Almeno per un po’.
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