Storia di un sasso

Posted by opinionista on Luglio 18, 2011

“Sei stato tu! Sei stato tu col tuo sasso!”
Un poliziotto sovrappeso urla e prova ad inseguire un manifestante a Piazza Alimonda.
Carlo Giuliani giace morto sul selciato.

Sono passati 10 anni da quel 20 luglio.
Quel pomeriggio mi ha sconvolto la vita.
Sono stato accusato di omicidio, sequestrato, analizzato e rinchiuso in qualche scantinato di non so quale commissariato.
Fino a quel giorno giacevo tranquillo e immobile nei pressi di Piazza Alimonda a Genova. Figlio della nuova pavimentazione fatta qualche anno prima.
Io sono il famigerato “sasso”.
Quello che il famoso sbirro pancione ha accusato di aver colpito Carlo Giuliani alla fronte dopo aver subito una deviazione a causa del proiettile.
Io sono innocente ma non interessa a nessuno. O quasi.

Quel giorno che mi sconvolse la vita ero lì.
Ero stato divelto dal pavimento almeno un’ora prima. Da quel momento in poi per me, come per tanti altri miei compagni sassi, siamo stati usati per difendere e attaccare. Siamo stati scagliati a decine di metri di distanza più volte.
Siamo stati raccolti e lanciati da più mani.
Volavamo felici perché eravamo protagonisti. Per una volta.
Non eravamo più soltanto calpestati o colpiti da qualche ragazzino che simulava un pallone.
Ci scagliavano e impattavamo contro scudi, auto dei carabinieri, fino a colpire corpi in mimetica. Una volta, due volte, tantissime volte da perdere il conto. Sembravamo grandine di un temporale, nonostante su Genova ci fosse un sole caldissimo.
Poi ci fu lo sparo.
Lo sentii bene. D’altronde non avevo mai sentito sparare eppure il sibilare del proiettile fu nitido e mi sfiorò di qualche decina di centimetri. Lì inizio il mio incubo. In quel momento si spezzò la vita di un ragazzo di 23 anni.
Fui usato successivamente per colpire il corpo già privo di vita steso sul selciato.
Una sensazione bruttissima, avrei voluto oppormi. Ma io non posso.
Avrei voluto gridare “assassini vigliacchi”. Avrei voluto essere davvero colpito e frantumato in mille pezzi.
Avrei voluto essere colpito al posto della fronte di quel ragazzo. Ma il destino è infame.
Subito dopo mi hanno usato come pretesto.
Ero stato io a uccidere Carlo Giuliani. La colpa non era di nessuno, anzi no, era di quei ragazzi che si stavano ribellando. I violenti erano loro mentre i loro coetanei in divisa eroicamente difendevano gli 8 re del mondo.

Il mio calvario è proseguito per 10 anni. Nessuno si è mai chiesto cosa ci facesse quella camionetta a Piazza Alimonda separata dal resto del gruppo. Nessuno ha chiesto conto ai responsabili di piazza di cosa davvero fosse successo. Nessuno si è mai chiesto come fosse stato possibile armare con dei proiettili veri ventenni dementi in divisa. Io ho avuto molto tempo per farlo, accatastato tra altri referti, e col tempo ho imparato a conoscere tutti i personaggi andati in scena quel giorno.
E in quella piazza non c’erano solo sprovveduti. In quella piazza c’erano anche i due super carabinieri: il tenente colonnello Truglio e il capitano Cappello. Gente che veniva dal Tuscania, il corpo speciale dei CC. Addirittura il titolare della camionetta da dove Placanica sparò il colpo che uccise Carlo Giuliani era proprio Cappello.
A loro nessuno ha mai chiesto conto.
Io sono stato in uno di quei laboratori dove pensano di stare in un telefilm americano.
Ispezionato, analizzato, forzato a dimostrare che ero stato prima colpito da un proiettile la cui deviazione mi portò ad uccidere. Nessuno voleva la verità, per quanto chiara e lampante fosse.
Qualcuno voleva il morto. E il morto c’è stato.

Ora chiedo di essere dimenticato. Prima o poi mi getteranno da qualche parte. Mi hanno detto così nel magazzino altre prove di altre storie. Ho anche conosciuto le due famose bottiglie molotov. Raccontavano la loro storia divertite.
Hanno avuto una sorte migliore. Poco tempo fa sono state riciclate.
Ecco vorrei essere riciclato anche io.
Vorrei essere portato in qualche altra piazza d’Italia o magari in Val di Susa dove ho sentito dire che è successo qualcosa tipo Genova. Vorrei di nuovo essere protagonista. Vorrei almeno per un’altra volta essere scagliato contro quelle stesse divise che mi hanno sequestrato e accusato di aver ucciso.
Per loro nessuno perdono. Né oggi né tra altri cento anni.

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2 thoughts on “Storia di un sasso

  1. …SENZA PAROLE… Vi sperscongiuro, se qualcuno ha la possibilita’ mi mette quete parole immense sulla mia pagina feis buk o mail? Infinitamente grazie. marcopacificim@libero.it. Su feis buk il mio profilo è quello con il mio nome ed i miei occhi nato a Roma il 25 aprile!!! 1953. Hasta Marco(coautore de “La strage di stato” libro di controinformazione sulle bombe del 12 dicembre 1969 messe dai nazifascisti mandanti i servizi segreti).